lunedì 11 dicembre 2017

Josè Molina

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Josè Molina - Casa Museo – Francesco – Cristina

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Due piante con i propri fusti eretti al vento - 2012

Toys 1 - 2007



Josè Molina - Dicembre 2017

José Molina nasce a Madrid nel 1965. 
Attualmente vive a Gravedona sul Lago di Como. 
All’età di undici anni ha inizio la sua formazione in diverse scuole d’arte. A diciotto anni inizia a lavorare in pubblicità e nel frattempo completa i suoi studi all’Università di Belle Arti di Madrid. 
Nel 2004 a Milano ha luogo la sua prima mostra personale “Morir para Vivir”. Questa prima produzione pittorica è caratterizzata da una ricerca introspettiva e psicologica molto intensa. 
Tra il 2005 e il 2007 completa la sua seconda collezione “Predatores” dove sposta la sua analisi sulla relazione uomo-società.  La collezione vive una ricca stagione espositiva, tra cui, a Milano una personale presso il Museo della Scienza a cura di Vittorio Sgarbi. 
Seguono altre personali presso la Fondazione Mudima, le gallerie Ca’ di Fra e Mc2 e a Roma presso la Galleria Romberg. 
Dopo tre anni di bianco e nero, nel 2010 Molina realizza “Cosas Humanas”, dodici opere a olio su tavola di grandi dimensioni che espone alla Fondazione Mudima. 
Dal 2011 al  2014 lavora alle sue ultime collezioni, “Los Olvidados” e “AnimaDonna”. Diversi tra loro per tecnica e tematica, questi progetti artistici sono caratterizzati da un ancor più forte impegno umano e sociale da parte dell’artista. E’ in corso d’opera il nuovo progetto “Beloved Earth” dove l’artista gioca con gli effetti degli ingrandimenti di cellule vegetali viste al microscopio.  
Dal 2013 ha esposto alla Fondazione Luciana Matalon di Milano, al Museo Poldi Pezzoli, allo Spazio Oberdan e in Triennale a Milano. 
Presso la Real Academia de España di Roma ha avuto luogo la prima mostra antologica. L’attività espositiva è affiancata da una fitta e costante presenza nelle più importanti fiere d’arte a livello nazionale e internazionale. 
Tra le pubblicazioni, “Sentimentos” del 2011 edito da Logos e nel 2015 “Humanitas” il volume che raccoglie la produzione dell’artista dal 2002 a oggi.

venerdì 1 dicembre 2017

Gaston Orellana

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Gaston Orellana - Casa Museo – Francesco – Cristina

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Gaston Orellana è uno dei più significativi artisti spagnoli dell'ultimo dopoguerra.
Nato a Valparaiso, in Cile , da antica famiglia spagnola dell'Estremadura,  resta profondamente legato all'identità della spagnola terra di origine, anche se scorrendo l'intenso percorso della sua vita e della sua opera balza con evidenza il carattere di un internazionalismo culturale che riesce a comporre in una profonda unità operativa le più diverse esperienze che hanno segnato la sua avventurosa esistenza, condotta fra America, Spagna, Stati Uniti ed Europa. 
Orellana studia Belle Arti  alla Escuela Experimental de Educación Artistica nella capitale Santiago e poi continua alla Escuela de Bellas Artes de Vina del Mar. 
Nel 1954  Orellana incontra Pablo Neruda col quale mantiene un'intensa amicizia fino alla morte del poeta. Gli studi archeologici all'Universidad de Chile lo portano ad approfondire le componenti primarie e segniche della cultura precolombiana: tracce evocative di questa primarietà si avvertono spesso nella sua opera.
Sul finire degli anni cinquanta Orellana giunge a Madrid, in un clima in cui si incominciano a sentire, nella Spagna Franchista, necessità di nuove aperture internazionali. Il giovane Orellana, fonda nel 1959 il Grupo Hondo insieme a Juan Genovés, Jose Jardiel, Fernando Mignoni, prima esperienza in Spagna della cosiddetta Nueva Figuración, movimento che avrà particolari riscontri nel generale contesto europeo.
Nel 1959 Orellana partecipa alla ben nota mostra “The New Images of Man” al MOMA. In questo clima inizia il successo internazionale di Orellana, che nel 1965 lo riporterà negli Stati Uniti, dove si stabilirà per diversi anni, inserendosi nell'intenso contesto culturale NewYorchese, stabilendo stretti rapporti con la cultura d'Avanguardia (con rapporti da Allen Ginsberg ad Arthur Miller), con critici come JAmes Johnson Sweeney e galleristi come Matha Jackson, partecipando ad importanti mostre in spazi pubblici e privati. La sua pittura si arricchisce particolarmente in questo contesto assumendo nuove dinamiche spaziali e nuove drammatizzazioni gestuali e materiche.
Nel 1970 è invitato alla Biennale di Venezia, nel padiglione spagnolo con una mostra personale. Le opere esposte -fra cui il famoso dipinto “El tren en llamas” sono acquisite dal noto collezionista Joseph Hirshhorn per il Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington DC. I soggiorni in Italia sono occasione di numerose mostre; già nel 1970 stabilisce un rapporto con la galleria Christian Stein  a Torino celebrandone una mostra nel 1972: qui incontra gli artisti dell'Arte Povera di cui apprezza particolarmente le procedure operative e i processi di concettualizzazione.   
In Italia, Orellana sperimenta nuove tecniche, dalla scultura in vetro (a Murano), alla ceramica (ad Albisola, in Liguria). Fra le mostre più significative di questo periodo conviene segnalare quella alla Galleria Schubert di Milano nel 1971, una presentata da Enrico Crispolti alla Galleria Rotta di Genova nel 1972, parecchie alla galleria della sua mercante di Madrid, Juana Mordo, la mostra inaugurale del Hirshhorn Museum and Sculpture Garden nel 1974, alla fiera di Basilea nel 1976, alla fondazione Andrè Malraux a Reims nel 1977 e alla FIAC di Parigi nel 1978.
Nel 1986 Orellana si ristabilisce definitivamente in Europa, e a cura di Germano Beringhelli si fa una grande mostra al Museo Español de Arte Contemporaneo a Madrid. 
A Milano si realizzerà nel 1990 una grande mostra antologica promossa dal Comune, a cura di Tommaso Trini, nello Spazio Ansaldo, che offrirà una prospettiva complessiva sul grande lavoro condotto negli anni dall'artista e sulla sua libertà creativa, capace di piegare alle proprie esigenze espressive tanto i materiali quanto lo spazio della tela. Roberto Tassi poi presenterà nel 1993 una mostra al Taipei Fine Arts Museum a TaipeiTaiwan.
Nel 1995 si fece una mostra alla Casa das Artes a Vigo, in Spagna. L'importanza cardinale di questa mostra, come segnala il critico Marco Ricardo Barnatán, e che fu la prima a mostrare “il nuovo Orellana”, essendo cambiato il metodo pittorico dell'artista negli anni precedenti usando tecniche assorbite del lavoro della terracotta e anche portando il vortice dell'espressione tematica su ciò che Tommaso Trini chiama “un popolo di figure”. Nel 1999 questa rinnovata e rivoluzionaria figurazione e trattamento del soggetto fu evidenziata nella mostra "Bronx Around" nello spettacolare Centro San Francisco nell'antica città di Caceres. Il rinnovamento dell'espressione estetica di Orellana portò alla sua mercante, Christian Stein, a dichiarare all'inaugurazione del padiglione spagnolo alla Biennale di Venezia del 1995 che ”Gaston Orellana è l'artista di maggior interesse che la Spagna ha creato dopo Tàpies e Miró”.
Nel 1998 la Stein fece nel suo padiglione alla fiera di ARCO, a Madrid, una mostra personale dell'artista. Nel 2005 viene esibita per prima volta l'opera "Crucifixion n1", proprietà dei Musei Vaticani nella Santa Casa di Loreto. Nello stesso anno, l'opera "La cama escarlata" (NY 1967) è inclusa nella grande mostra "Il male" alla Palazzina di Caccia di Stupinigi di Torino, curata da Vittorio Sgarbi, che comprende opere dei più significativi maestri dal Quattrocento al Novecento.
L'opera di Orellana di quest'ultimo periodo mostrano una marcata evoluzione dalle opere degli anni di New York, con colossali assemblaggi e polittici, usando una tecnica di graffito mai prima usata nella pittura, e addirittura aggiungendo dei collage di vari elementi come i metalli e specchi antichi. Mediante i dipinti sagomati a forma di lettere con la giustapposizione di più tele, Orellana sposta la pittura, dove un significato non è mai letterale, non coincide col significante, verso l'arte di oggetti che invece consente di comunicare la cosa, la letteralità della cosa in sé, pur senza abdicare all'uso delle metafore.
L'italiana Jole de Sanna presenta gli ultimi lavori dell'artista nel volume 'Gaston Orellana, Orestea” dove scrive che “L'intera storia della pittura e l'esperienza dell'arte nella seconda metà del XX secolo non sfugge alla cattura di Gaston mentre svolge l'esistenza di Gaston fra i frutti di una storia civile e politica che scuotono il Sud America dei dittatori, l'Europa del dissesto e riassesto culturale e New York capitale dell'arte”. 





lunedì 13 novembre 2017

Achille Funi

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Achille Funi - Casa Museo – Francesco – Cristina

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Natura Morta 1944

Biografia e vita di Achille Funi (1890-1972)



Il pittore futurista Achille Funi il cui impegnativo vero nome è Virgilio Socrate Funi, nasce a Ferrara il 26 Febbraio del 1890.

Dopo aver appreso i primi elementi del disegno, di figura plastica e della decorazione alla scuola municipale d'arte «Dosso Dossi» di Ferrara, segue gli insegnamenti privati di Nicola Laurenti.

Trasferitosi a Milano, a sedici anni, perfeziona la sua educazione artistica presso l' Accademia di Brera, seguendo e lezioni di C. Tallone e dove conosce Carrà e Boccioni, entrando in contatto con il movimento futurista.

Nel decennio successivo, Achille Funi partecipa attivamente alla vivace evoluzione della pittura, è firmatario e fondatore del gruppo d'avanguardia milanese "Nuove Tendenze" con Chiattone e Sant'Elia, poi nel 1920 firma, insieme a Dudreville, Russolo e Sironi, il Manifesto "Contro tutti i ritorni in pittura".

Tre anni dopo, eliminando gli ultimi residui di Futurismo dalla sua pittura, è tra i fondatori del «Novecento» esponendo le sue opere con Garbari, Sironi e Martini alla mostra dei "Dissidenti" di Ca' Pesaro a Venezia.

Rientrato a Milano, Achille Funi tiene la prima personale presso la Galleria delle mostre temporanee (poi "Arte") di Milano.

"Novecento" riproponeva la continuità con il classicismo in chiave moderna con la riproposizione di temi classici quali il ritratto, la natura morta ed il paesaggio.

Di quel periodo restano famosi i dipinti "La terra" e "Maternità" dal quale si rilevano riferimenti al Tiziano in un recupero delle tradizioni italiane in un nuovo stile "neoclassico".


Portato alla costituzione di gruppi con gli stessi obiettivi, Achille Funi, fonda il "Gruppo dei Sette Pittori del Novecento" con Bucci, Dudreville, Malerba, Marussig, Oppi, Sironi, e con questi, nel 1922, espone alla "Bottega di Poesia".

Il nome di Achille Funi supera le alpi e nel 1925, il critico Roh lo inserisce nel volume 'Nach Expressionismus - Magischer Realismus' edito a Lipsia e la Sarfatti gli dedica una piccola monografia.

La Biennale di Venezia diventa, per il pittore, una specie di vetrina delle sue opere che ogni anno, dal 1924, raccontano l'evoluzione della sua arte; nel 1932 gli è dedicata persino una intera sala.

Negli anni Trenta, Funi si dedica intensamente ad opere di pittura monumentale, soprattutto affreschi, partecipando a grandi imprese: decora le pareti della Triennale di Milano (1933) e la sala della Consulta del Palazzo Comunale di Ferrara (1934-1937), la sua più importante opera ad affresco  con episodi ispirati ai lavori dell'Ariosto (Mito di Ferrara).

Nel 1933, insieme a Campigli e Carrà, sottoscrive il "Manifesto della pittura murale" di Sironi; sono da ricordare anche le sue opere a mosaico eseguite in diverse chiese: nella chiesa San Giorgio in Palazzo a Milano (1932) e nella chiesa del Cristo Re a Roma (1934).

In riconoscimento delle sue capacita pittorica, di emozionare con il colore (come aveva osservato da Boccioni
  vent'anni prima), nel '39 è nominato insegnante di affresco a Brera, poi nel '45 anche alla Carrara di Bergamo divenendo in seguito direttore delle due importanti scuole.

Nel 1944 espone tra i "25 Artisti italiani del secolo" alla Galleria del Secolo di Roma. Negli anni '50 torna ad insegnare a Brera ed esegue opere destinati a edifici milanesi pubblici (Teatro Manzoni, 1946; Banco di Roma, 1951, Banca generale dei crediti, 1959) e privati (Casa Reiser, 1948).
Notevole è anche la sua attività nel campo della decorazione di edifici religiosi.

Negli '60 e '70 riprende la pittura al cavalletto, dipingendo soprattutto paesaggi e riprendendo motivi pompeiani e raffaelleschi alternandola ai lavori di affresco. Negli ultimi anni della sua vita (Funi morirà ad Appiano Gentile nel 1972) si dedica di preferenza al paesaggio, soggiornando frequentemente a Forte dei Marmi.

Suoi dipinti sono nelle gallerie d'arte moderna di tutto il mondo.










sabato 11 novembre 2017

Antonio Canal - Canaletto

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Antonio Canal Canaletto - Casa Museo – Francesco – Cristina

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Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768)

  
Canaletto, il cui nome reale era Giovanni Antonio Canale, era un pittore italiano conosciuto per i suoi quadri sfavillanti su Venezia.
È nato a Venezia il 28 ottobre, 1697 ed è morto  il 19 aprile 1768.
Canaletto ha ricevuto l'istruzione sulla pittura e sulla prospettiva da suo padre, pittore di scena nell'alta tradizione barocca.

Ha preso come sua specializzazione una forma relativamente nuova e rara della pittura, la vista della città (veduta).
I suoi committenti principali erano aristocratici inglesi durante la grande visita, per cui le sue scene erano ricordi delle viste del Canal Grande di Venezia, il bacino di San Marco, più le scene di innumerevoli regate e dei festival dell'acqua, quale la celebrazione annuale del matrimonio di Venezia con il mare.

La tecnica del Canaletto ha avuto la sua consacrazione per la leggera luminosità, e gli splendidi colori di contrasto tra luci ed ombre, a cui ha aggiunto con attenzione un’influenza tedesca alla cura  dei dettagli.
I suoi quadri sono caratterizzati spesso dai colori scuri e saturati che descrivono un’atmosfera umida e palpabile del cielo temporalesco o scuro.

Gli ultimi lavori, successivi al 1740, da quando Canaletto ha cominciato a sviluppare uno stile di pittura meno preciso, ritraggono scene luminose con colori ricchi evidenziati dal rosso e dal giallo-oro.

È andato in Inghilterra nel 1746 dopo che la guerra di successione austriaca aveva drasticamente ridotto il flusso dei visitatori inglesi a Venezia.
Ha dipinto molte scene dei paesaggi inglesi e delle case di paese prima del ritorno a Venezia nel 1755.

Canaletto è stato scelto dall’Accademia di Venezia nel 1763, ma le pitture dei suoi anni più tardi sono sempre state più criticate per il loro modo facile e ripetizione meccanica dei temi eccessivamente conosciuti.

Le sue opere si trovano nelle gallerie di Vienna, Dresda, nel museo di Grenoble, alla National Gallery di Londra (Festa di S. Rocco e Scuola della Carità). Di grande interesse il Fonteghetto della farina a Venezia. Importante anche la sua attività di incisore, soprattutto per le Vedute, collezione di trentuno pezzi di pregevole fattura.

mercoledì 27 settembre 2017

Raffaele De Grada

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Raffaele De Grada - Casa Museo – Francesco – Cristina

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Paesaggio

Raffaele De Grada nacque a Milano, il 2 marzo 1885, primo di cinque figli.
Nella famiglia De Grada si coltivava la pittura da generazioni. Il padre Antonio era un buon amico di E. Gignous e di G. Segantini e faceva il decoratore. Alcuni suoi affreschi di carattere tiepolesco sono ancora visibili in alcune chiese della provincia lombarda (per es. S. Biagio a Monza). Per tentare la fortuna emigrò in Argentina nel 1890, ma la permanenza in Sudamerica durò solo due anni. Socialista, la situazione che l'attendeva in Lombardia non era soddisfacente e ancora una volta, dopo i fatti del 1898, la famiglia si trovò costretta ad affrontare uno spostamento, questa volta nella più vicina Svizzera (1899), dove i genitori risiedettero per molti anni.
A Zurigo ricominciò gli studi in tedesco, mentre il padre si dedicava attivamente a lavori di affresco per palazzi pubblici (pal. cantonale di Coira e la Posta Selnau di Zurigo), aprendo un'azienda di imbiancatura e decorazione. Ben presto cominciò ad aiutarlo, senza tralasciare la pittura da cavalletto ed è a Zurigo che, quattordicenne, cominciò a dipingere i suoi primi paesaggi: si recava spesso sulla Sihl, un piccolo fiume verde che scende dalle colline intorno a Zurigo e che passa sotto i ponti del quartiere italiano. I primi acquerelli, datati 1899, sono piccoli studi dai toni verdi e grigi, fatti sui bordi del fiume (M. De Grada, in catal. 1976, p. 6). Nel 1903 si iscrisse all'Accademia di Dresda, trasferendosi dopo due anni a Karlsruhe, dove restò sino al 1908.
Del 1903 è il dipinto L'Elba a Dresda (olio su tela; Zurigo, coll. K. Weber) che raffigura il ponte sul fiume Elba accanto al quale si trovava il caffè che diede il nome al gruppo della Brücke formatosi proprio quell'anno. I suoi primi termini di riferimento furono Hans Thoma e il naturalismo tedesco.
Lo studio degli impressionisti francesi, già entrati a far parte delle collezioni tedesche, e la conoscenza di Cézanne, che poté direttamente osservare nelle collezioni di Reinhardt e Hahnlöser a Winterthur, influenzarono in modo fondamentale la sua pittura. In questo periodo dipinse una serie di paesaggi montani (boschi di betulle d'autunno, laghi alpini d'inverno) che iniziarono a imporlo, con una certa fortuna, all'attenzione del pubblico. Nel 1912, anche se attivo nell'azienda del padre, compì il primo viaggio estivo in Italia allo scopo di dipingere. Nel 1912 era ad Anzio, nel 1913 in un paese nelle vicinanze di Orvieto, come testimonia un paesaggio pubblicato in un catalogo della galleria Neupert di Zurigo, galleria che comprò e promosse i suoi lavori e che nel 1913 gli organizzò la prima mostra personale con un'ottantina di dipinti. In Italia tornò anche per partecipare alla prima guerra mondiale: nel 1917 si trovava, in qualità di interprete, presso i campi di prigionia di Cremona, Gussola e Casalmaggiore. Il 1919 segna il definitivo abbandono della Svizzera per San Gimignano, dove nel 1915 aveva sposato Magda Ceccarelli.
È da questo momento che si può iniziare a parlare di uno stile personale nella sua pittura. I suoi interessi principali si focalizzarono intorno allo studio della natura, della luce e del colore e in Italia l'artista iniziò nuove ricerche che, sulla base della lezione di Cézanne e della conoscenza dei primitivi toscani, lo portarono a una ricostruzione del paesaggio "moderna, quasi geometrica, ma sempre legata alla natura e allo stato d'animo". (R. De Grada jr., 1983, p. 303). Una mostra del 1921, la sua prima personale a Firenze a palazzo Antinori, e la partecipazione alla "Fiorentina primaverile" del 1922 gli procurarono un certo consenso tra la critica e gli artisti e determinarono il suo trasferimento, nel 1922, a Firenze, dove trovò una prima sistemazione a Giramonte, nei pressi di Arcetri.
La vita culturale a Firenze tra il 1920 e il 1930 era piuttosto vivace; vi abitavano letterati come Montale e artisti come, Soffici, Rosai e lo scultore Libero Andreotti. Frequentava la casa di quest'ultimo e ruotava intorno al gruppo "Giubbe Rosse" e ai letterati della rivista Solaria. La sua pittura, che gradualmente si liberava dagli schemi primitivi, assumeva un tono di più ampio respiro, e venne notata da Margherita Sarfatti, da Mario Sironi e da Carlo Carrà, con i quali strinse amicizia. Nel 1922 era sorto a Milano intorno alla Sarfatti il "gruppo Novecento" e nel 1925 una commissione formata da Salietti, Sironi, Wildt e Funi incaricò proprio lui di organizzare la partecipazione degli artisti toscani alla prima mostra del Novecento che si tenne alla Permanente nella primavera del 1926 e lo stesso De Grada fu presente con tre olii (cfr. Novecento italiano (catal.), Milano 1926, p. 23): Ponte degli Scopeti (Milano, coll. Lidia Treccani), Capraia (Carate Brianza, coll. priv.; cfr. Il lombardo D., 1985, p. 38 n. 13) e Paese (coll. ignota).
Da questo momento in poi partecipò a tutte le mostre di "Novecento" in Italia e all'estero, anche se non si può parlare di una sua vera e propria adesione al movimento dal quale, pur condividendo le idee di costruzione e il ritorno alla primitiva purezza, si differenziava, come afferma Renato Guttuso, per "la sua purezza, per il suo sentimento della natura, per la sua onestà nel guardare, nel capire, nel trasporre. Senza sovrapporsi alla natura, senza preconcetti linguistici" (Il lombardo D., 1985, p. 133). Nel 1928 la Biennale di Venezia (che frequentava già dal 1920) ospitò per la prima volta una sua personale e nel 1930, dopo alcune mostre fortunate a Milano, lasciò Firenze per far ritorno alla sua città natale.
Sono di questo periodo alcune nature morte dai toni caldi, vasi di fiori e cesti di frutta, e alcune vedute del Lambro (Paesaggio a Vedano sul Lambro, 1936, Bergamo, propr. priv.; cfr. Il lombD., 1985, p. 62, n. 384; Carate BrianzaLa Valle del Lambro alla Casa Rossa, 1937, Carate Brianza, coll. Santo Caslini) e della periferia di Milano, quella stessa raffigurata da Boccioni agli inizi del secolo.
La sistemazione a Milano risultò meno felice della permanenza a Firenze e, inoltre, motivi di ordine economico lo spinsero ad accettare la cattedra di disegno e figura all'Istituto superiore d'arte di Monza, dove ebbe come colleghi Arturo Martini, Marino Marini, Pio Semeghini, Achille Funi; ma, a causa del suo rifiuto di prendere la tessera del partito fascista, fu costretto a lasciare l'insegnamento allo scoppio del conflitto. Attraverso il figlio Raffaele, che si dedicava alla critica d'arte, il suo studio iniziò ad essere frequentato dagli artisti più giovani, come Guttuso,  Birolli,  Manzù; negli ultimi anni della sua vita divise il suo soggiorno tra Milano e la Toscana da lui tanto amata.
Morì a Milano il 10 apr. 1957 dopo un ultimo incontro, l'anno precedente, con la pittura di Cézanne, suo maestro ideale insieme con Corot, in occasione della mostra del pittore ad Aix-en-Provence.
Tra le mostre postume che hanno reso omaggio all'artista, la cui opera è tra le più felicemente rappresentative della pittura italiana dei primi decenni del Novecento, ricordiamo quella organizzata dalla Biennale di Venezia un anno dopo la sua scomparsa, quella della Quadriennale romana nel 1959 e la vasta rassegna del 1976 alla Rotonda della Besana (Milano). Il comune di San Gimignano ha attualmente in programma l'apertura di un museo a lui intitolato; già nel 1960 ha istituito un premio per la pittura di paesaggio sempre a lui intitolato. Tra i suoi scritti si ricordano: Non funzionano gli archivi?, in L'Ambrosiano, Milano, 15 febbr. 1952; Inchiesta sull'arte contemporaneala risposta di RD., in Il NuovoGiornale (Firenze), 4 marzo 1954; e in Cataldella Terza Mostra nazionale dell'Associazione artisti d'ItaliaPalazzo reale, Milano 1955, p. 176.






lunedì 22 maggio 2017

PAO PAO - Paolo Bordino

Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – PAO PAO Paolo Bordino  - Casa Museo – Francesco – Cristina


Penguin Soup - 2017

Pao Pao - Paolo Bordino



Pao è nato nel 1977 a Milano, dove vive e lavora. 

Si forma in teatro come macchinista, fonico e tecnico di palcoscenico con la compagnia di Franca Rame e Dario Fo. Studia e lavora presso i laboratori del Teatro alla Scala di Milano e nel 2000 realizza i suoi primi interventi di Street Art. Nascono così i coloratissimi pinguini sui paracarri in cemento, le lattine di Pao Cola e zuppa Campbell’s sui bagni pubblici, smile e palle da biliardo, delfini e squali, pellicani, margherite e tanto altro.

Nel 2005 fonda Paopao Studio, come naturale conseguenza della sua attività artistica e in breve tempo arrivano numerose collaborazioni con le aziende, tra cui Motta, Gatorade, Galatine, Seven, Harley Davidson, Accenture, Chicco, Ceres.
Dopo l’incontro con la graphic designer Laura Pasquazzo, lo studio si sviluppa ulteriormente operando in differenti campi, grafica, web design, allestimenti e decorazioni, merchandise, produzione e promozione di oggetti.

Nel 2007, dopo la mostra “Street Art Sweet Art”, al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano – Pao inizia a lavorare su tela e supporti tridimensionali di vetroresina, sviluppa così nuove strade attraverso sperimentazioni sui materiali, ricerche prospettiche, distorsioni visive e utilizzo di geometrie curve. 
Pao cerca di superare la bidimensionalità della tela, e in parallelo, la tridimensionalità del nostro mondo.
La crescente attenzione verso il suo lavoro, la cui caratteristiche distintive rimarranno costanti, lo porta a esporre in spazi pubblici, musei e gallerie private, in Italia e all’estero. 
Ha esposto i suoi lavori in varie rassegne d’arte tra cui al Padiglione d’arte contemporanea di Milano, alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia.








giovedì 27 aprile 2017

Mario Mafai

Francesco Rositani -  
Pittore – Opere – Quadri – Quotazione – Quotazioni – Mario Mafai – Quote – Casa Museo – Francesco –

 Cristina

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Paesaggio Romano -1928
Roma ponte Rotto (Ponte Sisto) - 1943

Casa Museo Francesco Cristina




Mario Mafai, pittore italiano del primo novecento, nasce a Roma nel 1902 in un'agiata famiglia borghese e, appassionato di disegno, quindicenne abbandona gli studi regolari per dedicarsi alla pittura.

Nel 1924 dopo aver stretto amicizia con Gino Bonichi (Scipione), frequenta con lui la Scuola Libera del nudo all'Accademia di Belle Arti e con lui inizia a dipingere all'aperto dal vero sia in città che in campagna ed a passare lunghe ore di studio nelle gallerie e nei musei romani, la loro vera scuola.

L'anno dopo, nel 1925 Mario Mafai incontra la pittrice e scultrice lituana Antonietta Raphael alla quale fu legato da un lungo sodalizio, artistico ed affettivo, dalla quale avrà tre figlie, Miriam (1926), Simona (1928) e Giulia (1930) e con la quale allargherà le sue prospettive artistiche.
I due, insieme a Scipione, danno vita al gruppo artistico definito "Scuola romana"che si opponeva alla visione arcaica dell'arte a favore di una visione espressionista.
Nel 1927 Mafai e Antonietta vanno ad abitare nella casa-studio in Via Cavour ed il pittore esordisce nella "Mostra di studi e bozzetti" organizzata dall’Associazione Artistica Nazionale in Via Margutta, ripetendo l'anno dopo l'esposizione alla XCIV Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti.
 In questo periodo Mafai frequenta insieme a Scipione la Biblioteca di Storia dell’Arte di Palazzo Venezia, stringe rapporti di amicizia con Ungaretti, de Libero, Sinisgalli, Beccaria e Falqui.

Nel 1929 espone, con Scipione e altri, al "Convegno" di giovani pittori a Palazzo Doria, appoggiati dal pittore  Cipriano Efisio Oppo già sostenitore dei "fauves", in particolare Henri Matisse e della Secessione romana e da Roberto Longhi, che conia per il terzetto Mafai - Scipione - Raphaël, la fortunata definizione "Scuola di Via Cavour".

Effettivamente in quegli anni di grandi dibattiti, la casa di Mafai e Raphaël divenne un punto di riferimento per artisti e letterati, che vi si ritrovavano a discutere.
Ai primi del 1930 parte con la moglie per Parigi, ma nel novembre è di nuovo a Roma per una personale, con Scipione, alla Galleria di Roma diretta da Pietro M. Bardi; il pittore è in una fase di transizione artistica, ai tenebrosi impasti assimilati nei musei, si sostituisce un nuovo interesse per la luce.

Gli anni Trenta, mentre Mario Mafai esplora una costruzione del nudo più astratto e metafisico in chiave anticlassicista, sono caratterizzati dal susseguirsi di fortunate esposizioni: dalla I Quadriennale di Roma del 1931, alla mostra itinerante negli Stati Uniti (1931-32), alla XVIII Biennale di Venezia (1932), alla II Quadriennale del 1935, alla mostra itinerante "Exhibition of Contemporary Italian Painting" a San Francisco, alla personale alla Galleria della Cometa del 1937, alla XXI Biennale di Venezia del 1938, alla seconda mostra milanese di "Corrente" alla Galleria Grande del 1939.
Nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Genova, per sottrarre Antonietta alle discriminazioni razziali, Mario Mafai è ormai un pittore di grande successo e la sua evoluzione artistica lo portato ad un breve periodo di Neorealismo con raffinate meditazioni coloristiche ed  alle prime Fantasie, grovigli di nudi in conflitto o grottesche mascherate, dove i più vari riferimenti (Goya, Géricault, Grosz) si affollano in una concitata atmosfera di terrore che preannuncia il caos della guerra.

Gli anni Quaranta, per quanto la guerra lo permette, il pittore tiene personali a Milano, a Genova  ed a Roma, dove nel 1944 è tra i principali espositori della mostra "Arte contro la barbarie" promossa da "L'Unità".
Nel 1948, la passione politica entra nella vita del pittore che aderisce al P.C.I. e, in una lettera a "Rinascita", s'impegna, con altri, per un'arte contro il formalismo senza contenuti, accettando di partecipare alla formazione dell'importante collezione Verzocchi sul tema del lavoro, famosa l'opera Gli scaricatori di carbone.
Sempre nel 1948 la XXIV Biennale di Venezia ospita una sua importante personale, che raccoglie opere dal 1938 al 1947, mentre Mafai si incammina sul sentiero dell'Arte Informale, abbandonando gli stretti riferimenti alla realtà per fare spazio alle pure tessiture cromatiche.

Gli esiti di questa ricerca non figurativa sono esposti in una serie di mostre, alla Galleria La Tartaruga di Roma (1959), alla Galleria Blu di Milano e alla Bussola di Torino (1960), alla VI Biennale di San Paolo del Brasile (1961). In un primo bilancio dell'arte italiana fra le due guerre Mario Mafai ha un posto di rilievo nella Mostra Storica sulla Scuola Romana curata da Castelfranco e Durbè alla Quadriennale del 1959.
Alla sua ultima personale alla Galleria L'Attico di Roma nel 1964; presenta le opere dell'ultimo periodo: Ricordi inutili (1958), Rinascere (1959), Ciò che rimane (1960) e Corde del 1960-63.
In una nota in catalogo il pittore sottolinea la coerenza interna del suo lavoro, che, in un arco di oltre quarant'anni, lo ha portato a scelte innovatrici non per ansia di novità o frettoloso adeguamento, ma per esplorare, oltre l'essere, il possibile.



Aggiudicazione da Christie's



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venerdì 10 marzo 2017

Giorgio Morandi

Francesco Rositani -  
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Casa Museo Francesco Cristina

Giorgio Morandi è stato tra i più importanti pittori del Novecento.
Nato a Bologna il 20 luglio 1890, divenne famoso in tutto il mondo per le sue nature morte con le riconoscibilissime sequenze di bottiglie, vasi, brocche e altri recipienti realizzate in olio su tela con pochi colori e linee molto essenziali. I suoi quadri sono esposti in tutto il mondo e Morandi fu premiato alla Biennale di Venezia nel 1948 e in seguito a quella di San Paolo del Brasile. Morandi è inoltre considerato uno dei più importanti incisori del Novecento.

Fin da giovane dimostrò di avere un grande interesse per il disegno e l’arte figurativa, cosa che indusse i suoi genitori a iscriverlo all’Accademia di belle arti della città. Il padre morì nel 1909 e Morandi, che non aveva ancora 20 anni, divenne di fatto il responsabile della famiglia, con tutte le conseguenze che ne derivavano. Riuscì comunque a proseguire gli studi, anche se con qualche difficoltà negli ultimi anni di Accademia: aveva già elaborato un proprio stile che usciva dai canoni classici e questa cosa non piaceva a tutti i suoi docenti. Tra le sue fonti d’ispirazione c’erano Picasso e Cézanne tra i suoi contemporanei, ma naturalmente anche i grandi pittori del Rinascimento.Tra il 1918 e il 1919 Giorgio Morandi espose con i futuristi, facendosi riconoscere per il suo stile metafisico, e nel 1920 fece propri molti dei propositi di “Valori plastici”, la rivista di critica d’arte nata proprio per diffondere le idee della metafisica e delle avanguardie europee in Italia. In seguito Morandi maturò uno stile più personale e unico: iniziò a farsi conoscere con le sue nature morte, composizioni costituite molto spesso da serie di bottiglie e altri recipienti, resi con pochi colori piatti e molto tenui. Dipinse anche ritratti e paesaggi, destinati comunque a essere meno conosciuti rispetto alle sue nature morte in cui lo stile era molto riconoscibile: i soggetti erano spesso abbozzati e con pochi particolari, ma grazie alle tinte piatte riusciva comunque a dare ai suoi quadri un notevole realismo.Giorgio Morandi approfondì anche le tecniche legate alle acqueforti e alle incisioni, alcune delle quali sono andate perdute, in cui giocava con linee sottili e prospettive. Le prime sperimentazioni in tal senso risalgono ai primi anni Dieci del Novecento.Morandi morì a Bologna il 18 giugno del 1964. Sulla sua lapide, nella Certosa di Bologna, c’è un ritratto che fu realizzato dal pittore suo amico Giacomo Manzù. Nei primi anni Novanta la città gli ha dedicato un Museo, nel quale sono conservate diverse opere donate dalla sorella di Giorgio Morandi, Maria Teresa. Oltre a Bologna e alle mostre che vengono spesso organizzate in giro per il mondo, in Italia le opere di Morandi sono conservate in diverse gallerie d’arte come alla GAM di Torino, la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma e alla Pinacoteca di Brera di Milano.