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Oreste e Pilade
il guanto rosso "F"
Giorgio De Chirico nasce il 10 luglio
1888 a Volos, capitale della Tessaglia (Grecia). Secondogenito di tre fratelli
è figlio di un ingegnere ferroviario e di una nobildonna genovese. Morta la
sorella Adele ancora in tenera età, gli altri due figli rivelano presto una
forte disposizione artistica: Giuseppe Maria Alberto Giorgio de Chirico (questo
il suo nome completo) viene colto dalla Musa della pittura mentre Andrea da
quella della musica, anche se poi quest'ultimo, con gli anni, si è dimostrato
uno degli artisti più versatili della storia patria, cimentandosi nei più
svariati campi dell'arte con lo pseudonimo di Savinio.
Suoi alcuni fondamentali romanzi del
Novecento italiano (come "Hermaphrodito" o "Ascolto il tuo
cuore, città", "Narrate uomini la vostra storia" e "Casa
"La Vita"), mentre le sue partiture possono tranquillamente essere
dimenticate (ricordiamo i balletti "Perseo", su soggetto di M.
Fokine, "Ballata delle stagioni", "La morte di Niobe" e
"La vita dell'uomo", tutti su soggetto proprio).
Tornando a Giorgio, in questi anni,
assecondato dal padre nella passione per l'arte, prende le prime lezioni di
disegno dal pittore greco Mavrudis poi si iscrive all'Istituto Politecnico di
Atene che frequenterà per un breve periodo (un paio di anni). Nel 1905 muore il
padre, il tenero e sempre presente sostenitore delle sue inclinazioni. La
ferita non sarà facile da rimarginare e, anzi, tempo dopo al pittore maturo
capiterà spesso di rievocarne con commozione la figura e il bel rapporto.
Rimasto solo con madre e fratello, si
trasferisce a Monaco per continuare gli studi. Qui è attratto irresistibilmente
dal disegno grafico, assai visionario, di Alfred Kubin nonché dalla pittura dei
simbolisti Arnold Boecklin e Max Klinger. Ma l'arte non rimane il suo esclusivo
campo di interesse. Si apre invece alla letteratura e alla filosofia di cui
comincia a leggerne alcuni esponenti fondamentali. In particolare rimane
affascinato dal pensiero di Schopenhauer e di Nietzsche, così come da quello di
Weininger (la cui opera è una vera e propria "metafisica del sesso",
il cui scopo è quello di gettare le basi per l'avvento di una nuova
spiritualità); tutti questi elementi assumono un'importanza radicale nella poetica
dell'artista (l'influenza di Boecklin e di Nietzsche è ravvisabile nel dipinto
"La battaglia dei Centauri e dei Lapiti").
Nel 1910, torna in Italia con la madre
che lo accompagna prima a Milano poi a Firenze; Andrea invece parte per Parigi.
A Firenze subisce l'influenza di Giotto e della pittura primitiva toscana,
orientandosi verso un disegno ricco di impianti prospettici e di costruzioni a
forma di arcate. Nel suo pellegrinaggio artistico giunge anche a Torino, che lo
colpisce non solo per essere stata la città degli ultimi anni di Nietzsche, ma
anche per la severità della sua linea architettonica.
Sul piano artistico si fanno invece
strada le prime coordinate stilistiche del De Chirico più conosciuto. Dopo
lungo rovello interiore, l'artista perviene alla conclusione che l'arte debba
"creare sensazioni sconosciute in passato; spogliare l'arte dal comune
e dall'accettato... sopprimere completamente l'uomo quale guida o come mezzo
per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la pittura
una volta per tutte dall'antropomorfismo... vedere ogni cosa, anche l'uomo,
nella sua qualità di cosa". In pratica, il manifesto condensato della
pittura Metafisica, che in questa fase, sul piano delle produzioni, appare solo
abbozzata.
Stanco di Torino raggiunge Alberto
Savinio a Parigi dove riceve gli apprezzamenti di un altro
"outsider", Guillaume Apollinaire. Grazie all'interessamento del
fratello viene presentato a Pierre Laprade, membro della giuria del Salon
d'Automne, per il quale espone tre opere: "Enigma dell'Oracolo",
"Enigma di un pomeriggio" e "Autoritratto". Nello stesso
anno, in occasione dell'esposizione di altre tre sue opere al Salon des
Indépendants viene notato da Pablo Picasso grazie al quale stringe
amicizia con Brancusi, Braque, Jacob, Soffici, Léger e Derain. Apollinaire organizza
nell'atelier dell'artista una mostra di trenta opere e recensisce De Chirico su
"L' intransigeant" utilizzando il termine "metafisico".
Allo scoppio della prima guerra mondiale,
Giorgio e Andrea rientrano in Italia per arruolarsi nell'esercito: Andrea parte
per la Grecia mentre Giorgio è ricoverato per disturbi nervosi all'ospedale
psichiatrico di Ferrara dove resterà fino alla fine del conflitto. Il paesaggio
urbano ferrarese è fondamentale per la definitiva impronta metafisica, in cui
prende corpo il suo peculiare stile caratterizzato da gli scenari irreali e
misteriosi, all'insegna di una solitudine sospesa e allucinatoria. I suoi
quadri rappresentano magari semplici e disadorne piazze, dove si materializzano
oggetti che vivono di una luce propria, estrapolati dalla dimensione banale e
utilitaria dell'esistenza rivivono nel quadro come segni assoluti di memoria e
nello spazio mentale del quadro si assemblano con lo stesso non senso in cui si
vive la realtà del sogno: l'unica che può giustificare la riduzione dell'uomo a
cosa, a manichino, a statua di marmo, a silhouette, privi di qualsiasi identità
che non sia la pura apparizione metafisica.
Nel 1916 dipinge i suoi celebri
"Ettore e Andromaca" e "Le Muse inquietanti" e frequenta l'ambiente artistico di Ferrara:
conosce Filippo De Pisis ed inizia una corrispondenza con Carrà, che conoscerà
durante il ricovero. Carrà rimane affascinato dal mondo poetico e dai temi
artistici di De Chirico, dipingendo una serie di opere di chiara matrice metafisica.
Le coordinate di questo tipo di pittura sono anche esposte di li a poco sulla
rivista "Valori Plastici" diretta da Mario Broglio; intanto Andrè
Breton ne parla in modo entusiasta sulla rivista francese
"Littérature"; incidendo quindi, di riflesso, sul gusto dei pittori
surrealisti.
L'attività espositiva è intensa e vi
affianca anche quella come scenografo: nel 1929 esegue, ad esempio, scene e
costumi per i balletti di Diaghilev a Parigi, illustra i
"Calligrammes" di Apollinaire e "Mythologies" di
Cocteau.
Nel 1935 è chiamato negli Stati Uniti
dove rimane fino al 1936 con la compagna Isabella Far, cui resterà legato fino
alla morte. Nel 1937 è costretto a spostarsi tra Milano, Parigi, Londra,
Firenze, Torino e Roma dove espone per la seconda volta alla Quadriennale. Nel
1945 pubblicherà "Commedia dell'arte moderna" e "Memorie della
mia vita". Due anni dopo si stabilisce definitivamente a Roma in Piazza di
Spagna.
Giunto ormai al termine della sua vita,
continua incessantemente a dipingere con maggiore passione: "Per le
emulsioni e il mio olio emplastico, che possano dare alla materia della mia
pittura sempre maggiore trasparenza e densità, sempre maggior splendore e
fluidità, io mi perdo in sogni bizzarri davanti allo spettacolo della mia
pittura e mi sprofondo in riflessioni sulla scienza della pittura e sul grande
mistero dell'arte". Nel 1969 viene pubblicato il primo catalogo delle
sue opere grafiche, nel 1971 di tutte le sue opere; nel 1970 espone al Palazzo
Reale di Milano, nel 1972 a New York, nello stesso anno Parigi lo nomina membro
dell'Accademia di Belle Arti e gli dedica un esposizione; qui parlerà ancora
una volta della sua pittura confrontando quella del periodo metafisico che
definirà "Pittura inventata e poetica" da quella successiva
"La vera pittura, la pittura di qualità, la pittura realista",
dichiarerà di seguire la tecnica dei maestri del Rinascimento pur restando
"indipendente".
Giorgio De Chirico si spegne a Roma il
20 novembre 1978, onorato dai critici di tutto il mondo. La sua arte, questo è
certo, rimarrà consacrata nell'Olimpo dei maestri dell'arte del '900.