Francesco Rositani - Pittore – Opere – Quadri – Quotazioni – Ottone Rosai - Casa Museo – Francesco – Cristina
http://www.brundarte.it/2019/12/06/picasso-lodola-mostra-arte-moderna-contemporanea-brindisi/
Figlio di un
artigiano, conseguito il diploma all'Istituto Statale d'Arte frequenta
l'Accademia di Belle Arti,
da cui viene espulso dopo pochi anni per cattiva condotta.
Prosegue pertanto
come autodidatta, e in questo periodo sono significativi gli incontri con Giovanni Papini e soprattutto con Ardengo Soffici, che lo avvicina all'arte futurista e
al movimento di Marinetti. Da qui traggono ispirazione le sue prime opere (Bottiglia
+ zantuntun, 1912). Prima del rigore pittorico degli anni venti e trenta,
alla fase futurista si alterna un breve periodo cubista (Paesaggio,
1914).
Aderendo al futurismo, si arruola come volontario nell'esercito e
partecipa alla prima guerra
mondiale ricevendo due medaglie di bronzo.
Alla fine della
guerra, il rientro nella società è difficile e Rosai trova nelle nuove idee del
giovane Mussolini l'entusiasmo
e lo slancio che cercava per opporsi alla borghesia e al clericalismo che tanto
detesta.
In questo periodo
la sua pittura ritrae persone della sua famiglia, nature morte o figure di
anziane tristemente sedute.
Nei suoi scritti
giovanili rivela di sentirsi colpevole di quella morte, e di dover vivere due
vite, la sua e quella del padre.
Per risanare la
difficile situazione economica della famiglia, è infatti costretto a rilevare
la bottega di falegnameria del padre e a diradare la sua attività pittorica.
Nel periodo della
maturità, Rosai si dedica invece all'osservazione degli umili e alla
descrizione di scene di vita quotidiana, improntate al tipico populismo
toscano; esse sono riconducibili ad una fase della pittura italiana che può
definirsi post-futurista,
caratterizzata dal ritorno all'ordine, dove a emergere sono volumi, contorni
nitidi e colore ricco.
In particolare,
l'uso dei volumi e dei colori di Rosai si ispira fortemente a Cézanne. Allo stesso tempo, la sua pittura resta tipicamente
fiorentina e in essa riecheggia il Quattrocento di Masaccio (Giocatori di toppa, 1920 - Il
concertino, 1927).
Fino al 1929 collabora
come illustratore ad alcune testate dell'epoca fascista (Il Selvaggio, Il
Bargello).
La stipula
dei Patti
Lateranensi è per lui la conferma che lo spirito
anticlericale del primo Mussolini è stato tradito e provoca in lui una violenta
reazione, che si traduce nella pubblicazione di uno scritto (Per lo
svaticanamento dell'Italia) che desta scalpore
tra le gerarchie fasciste.
Nell'imbarazzo
della federazione fiorentina, la voce di aspro dissenso del pittore viene messa
a tacere facendo venire a galla particolari della sua vita privata finora tollerati e tenuti nascosti.
Le voci sulla
sua omosessualità minacciano
di investire il suo lavoro di artista e Rosai viene praticamente costretto a
sposare un'amica d'infanzia, che
conosce e accetta le sue abitudini e le sue frequentazioni.
I quadri di Ottone
Rosai vedono spesso protagonisti umili e pacifici popolani, colti in
atteggiamenti quotidiani. Essi, posti nel contesto della pittura italiana del ventennio,
e quindi spesso ricollegati ad una maniera di regime, in realtà
nascondono un'intima contraddizione: sono infatti la risposta mite e pacifista
all'eroica e dannunziana energia vitale inneggiata dai Futuristi.
Negli anni trenta il disagio esistenziale di Rosai lo conduce a
vivere in luoghi isolati, lontani dalla comunità, e la sua pittura si carica di
collera e di pessimismo; i suoi autoritratti delineano una figura di artista
tormentato e dolente, ma nel 1932 arriva la sua
consacrazione a pittore di primo livello con una personale a Palazzo Ferroni
nella sua città.
Nel 1939 viene
nominato professore di figura disegnata al Liceo Artistico, e nel 1942 gli
viene assegnata la cattedra di pittura all’Accademia di Firenze.
Dopo l'8
settembre 1943,
Rosai viene fatto oggetto di una brutale aggressione,
questa volta da parte degli antifascisti che vedono in lui un sostenitore del
regime e ignorano le umiliazioni che lo stesso aveva subito dai gerarchi.
Nel 1944 gli fu portato in casa Bruno
Fanciullacci che era ferito. L'omicidio compiuto da
quest'ultimo del filosofo Giovanni Gentile sollevò
l'indignazione di Rosai che subito gli rinfacciò "Bella impresa
uccidere un povero vecchio"[
Nel 1949-1950,
Rosai aderisce al progetto della importante collezione
Verzocchi, sul tema del lavoro, inviando, oltre ad un
autoritratto, l'opera "I muratori". La collezione Verzocchi è
attualmente conservata presso la Pinacoteca Civica di Forlì. Neglianni cinquanta comincia
a farsi conoscere in ambito internazionale, partecipando a rassegne in città
come Zurigo, Parigi, Londra, Madrid. Un'esposizione
organizzata a Firenze girerà poi nei musei di molte città tedesche.
A Firenze nel 1954 dipinse
e donò gratuitamente, in seguito all'iniziativa del Comitato per l'estetica
cittadina di rinnovare gli antichi tabernacoli in rovina con opere di artisti
contemporanei, una Crocifissione, la quale testimonia il perdurare
dell'interesse di Rosai per la tradizione tre-quattrocentesca toscana: Giotto e
Masaccio sono ancora i punti di riferimento di un linguaggio che si è fatto
tuttavia, con gli anni, sempre più aspro e scontroso, esasperando la propria
radice espressionista.
Rosai riduce ormai
la pittura a un groviglio di segni brutali e adotta una cromia dai toni sordi e cupi, stravolgendo le fisionomie in
maschere di un crudo primitivismo.
Ciò che negli anni
Venti e Trenta, gli anni di "Strapaese", aveva significato per lui un
recupero di semplicità, brutale sì, ma piena di sanguigno vigore, lascia il posto,
nel dopoguerra, al desolato squallore di un universo pittorico che non sembra
trovare sollievo neanche nella fede e mette in scena una sacra rappresentazione
di raggelante forza espressiva.
A Venezia, in
occasione della Biennale del 1956,
viene allestita una grande retrospettiva della sua opera.
Ottone Rosai è
ricordato anche come scrittore: le sue opere
letterarie più significative sono: Il libro di un teppista (1919) in cui narra
delle sue esperienze di guerra, Via Toscanella (1930), Dentro
la guerra(1934)
e Vecchio Autoritratto, (1951).
Di grande importanza
per la conoscenza dell'uomo e dell'artista è la sua corrispondenza, pubblicata
solo molti anni dopo la sua morte: Lettere 1914-1957 (1974).